VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Antifona d’ingresso
Sii per me difesa, o Dio,
rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome.
Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente
in coloro che ti amano
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,
rendici degni di diventare tua stabile dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
Risanaci, o Padre, dal peccato che ci divide,
e dalle discriminazioni che ci avviliscono;
aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso
l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce,
per collaborare all’opera della redenzione
e narrare ai fratelli la tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lv 13,1-2.45-46
Dal libro del Levìtico
Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.
Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».
Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.
Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.
Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.
Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!
1Cor 10,31-11,1
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.
Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
e Dio ha visitato il suo popolo.
Alleluia
Mc 1,40-45
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Per cercare di comprendere meglio il Vangelo di questa domenica, proviamo per prima cosa a capire come erano considerati i lebbrosi al tempo di Gesù.
Gli ebrei, come molti popoli antichi, mescolando religione, paura e superstizione, avevano definito il lebbroso un «maledetto da Dio», e nei commenti alla Bibbia avevano addirittura elencato i sette peccati che attiravano quel castigo di Dio: calunnia, omicidio, giuramento falso, incesto, l’arroganza, il furto e la gelosia (Arakim 16a). Come maledetto da Dio, il lebbroso doveva essere tenuto in isolamento, prigioniero della malattia. Se un lebbroso percorreva una strada, all’avvicinarsi di altre persone doveva gridare: «Impuro! Impuro!». Le persone lo scansavano con orrore. Chi l’avesse involontariamente toccato, diventava impuro come lui.
Gesù nel suo agire non giudica le credenze della religione ebraica, ma porta a perfezionamento questa Legge. Non ha nessun problema addirittura a toccare il malato, perché riconosce la sua grande fede.
Soffermiamoci per un istante sulle parole del lebbroso: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Si capisce chiaramente la certezza di questo uomo, nella possibilità che il Signore potessa aiutarlo. Tanto che è lui ad andare da Gesù, cosa impensabile a quel tempo. Non dimentichiamo una cosa, all’inizio abbiamo visto come erano considerati i malati di lebbra dal popolo, ma proviamo a pensare come dovevano sentirsi loro, i lebbrosi: esclusi completamente dal tessuto sociale, visti con ribrezzo, persone a cui nessuno si sarebbe mai sognato di avvicinarsi. Quindi non dovevano soltanto fare i conti con la malattia fisica che li mangiava letteralmente, ma dovevano vivere queste atroci sofferenze in completa solitudine.
Gesù guarisce il lebbroso e gli chiede di non dirlo. Ieri sera pensavo: perché l’uomo non riesce a soddisfare la richiesta? Dopo tutto è stato guarito, almeno un minimo di riconoscenza… Sono arrivato a questa conclusione: penso che sia una cosa simile all’innamoramento: quando ci innamoriamo viviamo un momento meraviglioso, da un lato è una cosa talmente grande che vorremo tenerla tutta per noi, ma dall’altro non vediamo l’ora di condividere la nostra immensa gioia con gli altri. Penso che la stessa cosa sua successa al protagonista del Vangelo davanti a un evento così sensazionale che gli è accaduto!
Chiediamo al Signore di aiutarci a tenere sempre acceso dentro di noi il desiderio di annunciare agli altri con tanto entusiasmo, la gioia che viviamo quotidianamente mettendo al centro della nostra vita Gesù.
RICORDO OGNI DOMENICA E OGNI MERCOLEDÌ LE DIRETTE DELL’ANGELUS E DELLA CATECHESI DEL SANTO PADRE.
BUONA SETTIMANA!