Domenica, 8 febbraio 2009

   

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 8 febbraio 2009

 

Cari fratelli e sorelle,

quest’oggi il Vangelo (cfr Mc 1,29-39) – in stretta continuità con la precedente domenica – ci presenta Gesù che, dopo aver predicato di sabato nella sinagoga di Cafarnao, guarisce molti malati, ad iniziare dalla suocera di Simone. Entrato nella sua casa, la trova a letto con la febbre e, subito, prendendola per mano, la guarisce e la fa alzare. Dopo il tramonto, risana una moltitudine di persone afflitte da mali di ogni genere. L’esperienza della guarigione dei malati ha occupato buona parte della missione pubblica di Cristo e ci invita ancora una volta a riflettere sul senso e sul valore della malattia in ogni situazione in cui l’essere umano possa trovarsi. Questa opportunità ci viene offerta anche dalla Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo mercoledì prossimo, 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes.

Nonostante che la malattia faccia parte dell’esperienza umana, ad essa non riusciamo ad abituarci, non solo perché a volte diventa veramente pesante e grave, ma essenzialmente perché siamo fatti per la vita, per la vita completa. Giustamente il nostro “istinto interiore” ci fa pensare a Dio come pienezza di vita, anzi come Vita eterna e perfetta. Quando siamo provati dal male e le nostre preghiere sembrano risultare vane, sorge allora in noi il dubbio ed angosciati ci domandiamo: qual è la volontà di Dio? È proprio a questo interrogativo che troviamo risposta nel Vangelo. Ad esempio, nel brano odierno leggiamo che “Gesù guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demoni” (Mc 1,34); in un altro passo di san Matteo, si dice che “Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo” (Mt 4,23). Gesù non lascia dubbi: Dio – del quale Lui stesso ci ha rivelato il volto – è il Dio della vita, che ci libera da ogni male. I segni di questa sua potenza d’amore sono le guarigioni che compie: dimostra così che il Regno di Dio è vicino, restituendo uomini e donne alla loro piena integrità di spirito e di corpo. Dico che questa guarigioni sono segni: non si risolvono in se stesse, ma guidano verso il messaggio di Cristo, ci guidano verso Dio e ci fanno capire che la vera e più profonda malattia dell’uomo è l’assenza di Dio, della fonte della verità e dell’amore. E solo la riconciliazione con Dio può donarci la vera guarigione, la vera vita, perché una vita senza amore e senza verità non sarebbe vita. Il Regno di Dio è proprio la presenza della verità e dell’amore e così è guarigione nella profondità del nostro essere. Si comprende, pertanto, perché la sua predicazione e le guarigioni che opera siano sempre unite: formano infatti un unico messaggio di speranza e di salvezza.

Grazie all’azione dello Spirito Santo, l’opera di Gesù si prolunga nella missione della Chiesa. Mediante i Sacramenti è Cristo che comunica la sua vita a moltitudini di fratelli e sorelle, mentre risana e conforta innumerevoli malati attraverso le tante attività di assistenza sanitaria che le comunità cristiane promuovono con carità fraterna e mostrano così il vero volto di Dio, il suo amore. È vero: quanti cristiani – sacerdoti, religiosi e laici – hanno prestato e continuano a prestare in ogni parte del mondo le loro mani, i loro occhi e i loro cuori a Cristo, vero medico dei corpi e delle anime! Preghiamo per tutti i malati, specialmente per quelli più gravi, che non possono in alcun modo provvedere a se stessi, ma sono totalmente dipendenti dalle cure altrui: possa ciascuno di loro sperimentare, nella sollecitudine di chi gli è accanto, la potenza dell’amore di Dio e la ricchezza della sua grazia che salva. Maria, salute degli infermi, preghi per noi!

Dopo l’Angelus:

In queste settimane si stanno registrando in Madagascar delle forti tensioni politiche che hanno provocato anche agitazioni popolari. Per questo i Vescovi dell’Isola hanno indetto per oggi una giornata di preghiera in favore della riconciliazione nazionale e della giustizia sociale. Vivamente preoccupato per il periodo particolarmente critico che il Paese sta attraversando, vi invito ad unirvi ai cattolici malgasci per affidare al Signore i morti nelle manifestazioni e per invocare da Lui, per intercessione di Maria Santissima, il ritorno alla concordia degli animi, alla tranquillità sociale e alla convivenza civile.

Come accennavo poco fa, il prossimo 11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, si celebrerà la Giornata Mondiale del Malato. Nel pomeriggio incontrerò gli ammalati e gli altri pellegrini nella Basilica di San Pietro, dopo la Santa Messa che sarà presieduta dal Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, Cardinale Lozano Barragán. Fin da ora assicuro la mia speciale benedizione a tutti i malati, agli operatori sanitari e ai volontari in ogni parte del mondo.

À l’exemple de saint Paul, chers pèlerins de langue française, nous sommes invités à nous faire tout à tous pour transmettre notre foi. La force de l’Évangile qui nous vient du Ressuscité nous invite, avec droiture et générosité, à faire connaître la tendresse de notre Dieu! Mercredi prochain, le 11 février, nous célébrerons la fête de Notre-Dame de Lourdes et la Journée des malades. Aujourd’hui encore, je rends grâce à Dieu pour le Voyage Apostolique que j’ai pu accomplir, en septembre dernier, à Paris et à Lourdes. Que le Seigneur, par l’intercession de Notre-Dame de Lourdes, bénisse la France et l’Église qui y témoigne et y œuvre avec foi et courage!

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors here today including those from the Saint Patrick’s Evangelization school in London. Today’s Gospel reminds us of the duty to bring Christ’s Good News to all the world. May your time in Rome be filled with joy and deepen your resolve to draw others to our Lord and his love. God bless you all!

Ein herzliches Grüß Gott sage ich allen Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Der Evangelist Markus berichtet uns, wie Jesus in der Stille betet und Krankheiten heilt.

Die Gemeinschat mit dem Vater, die sich im Gebet verwirklicht, ist die Voraussetzung dafür, dass Heilung geschehen kann. Christus offenbart die Liebe Gottes. Und er will, daß auch wir mit ihm eins sind und lernen, aus einer tiefen Gottesbeziehung zu leben und so das wirkliche Leben und die Liebe für die anderen zu erlernen, die die heilende Kraft in der Welt ist. Schöpfen wir unentwegt aus diesem Lebensquell, dann können wir wirklich Gutes tun und für die Menschen da sein. Der Herr gebe euch Kraft und schenke euch seinen Segen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. El evangelio que se ha proclamado este domingo nos presenta a Jesucristo envuelto en una intensa labor apostólica, sin que por ello su profunda vida interior se vea mermada. Ambas cosas, la actividad del Hijo de Dios y su plegaria, son actos de su amor y entrega a sus coetáneos. Que la Santísima Virgen María nos ayude a todos los miembros de la Iglesia a actualizar este sentido misionero, que combina el trabajo y las ocupaciones con una continua vida de unión con Dios. Muchas gracias y feliz domingo.

A minha saudação estende-se a todos os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente ao grupo de Águeda, Coimbra e Vila Nova de Gaia guiado pelo Senhor Bispo do Porto, invocando abundantes graças divinas sobre os seus passos para construírem a vida sobre aquela rocha firme que é Cristo vivo na sua Igreja. Deus a todos guarde e abençoe!

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. W dzisiejszej Ewangelii Jezus objawia się jako ten, który uzdrawia. Bożą mocą przywracał zdrowie ciała i ducha. I dziś przychodzi z pomocą cierpiącym, udzielając łaski i powołując ludzi, którzy z miłością im towarzyszą. Niech nie zabraknie im naszego wsparcia i modlitwy. Niech Bóg wam błogosławi.

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Nel Vangelo di oggi Gesù si rivela come colui che fa guarire. Con la potenza divina rimetteva in salute il corpo e lo spirito. Anche oggi viene in aiuto ai sofferenti, elargendo la grazia e chiamando persone che li accompagnano con amore. Non manchi loro il nostro sostegno e la nostra preghiera. Dio vi benedica.]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i cresimandi della parrocchia di Saccolongo, in diocesi di Padova, i fedeli venuti da Cagliari e da Napoli, e l’associazione “Apostoli della Divina Misericordia con Maria Regina della Pace”. A tutti auguro una buona domenica.

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA 8 FEBBRAIO 2009
  V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

LITURGIA DELLA PAROLA
 
Antifona d’ingresso
Venite, adoriamo il Signore,
prostrati davanti a lui che ci ha fatti;
egli è il Signore nostro Dio.

Colletta
Custodisci sempre con paterna bontà
la tua famiglia, Signore,
e poiché unico fondamento della nostra speranza
è la grazia che viene da te
aiutaci sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:
O Dio, che nel tuo amore di Padre
ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini
e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio,
rendici puri e forti nelle prove,
perché sull’esempio di Cristo
impariamo a condividere con i fratelli il mistero del dolore,
illuminati dalla speranza che ci salva.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 
PRIMA LETTURA
Gb 7,1-4.6-7
Dal libro di Giobbe

Giobbe parlò e disse:
«L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
Come lo schiavo sospira l’ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d’illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”.
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.
I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,
svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio occhio non rivedrà più il bene».

Parola di Dio

 

 Salmo responsoriale
Sal 146
Risanaci, Signore, Dio della vita.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

 SECONDA LETTURA
1Cor 9,16-19.22-23
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Parola di Dio

 

Canto al Vangelo
Alleluia, alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità
e si è caricato delle nostre malattie.
Alleluia.
 
VANGELO
Mc 1,29-39
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Parola del Signore

 

   BREVE RIFLESSIONE PERSONALE:

 L’evangelista Marco continua a descrivere una giornata di sabato vissuta da Gesù a Cafarnao. In continuità con i versi precedenti (21-28), il brano descrive la conclusione di una giornata tipo di Gesù. Qui è a Cafarnao, in giorno di Shabbàt, e, dopo aver partecipato alla liturgia sinagogale, Egli continua la celebrazione della festa in casa di Pietro, in un clima familiare. Col tramonto del sole, terminato il riposo, Gesù continua il suo ministero, estendendolo a tutta la Galilea. Il Vangelo ci presenta tre sequenze, che non sono solo cronaca, perché si sappia cosa Egli ha fatto a Cafarnao, ma rivelano il mistero grande della salvezza di Cristo.
Dopo averlo presentato, la scorsa domenica, come maestro dalla parola potente nella sinagoga, Marco ora mostra la sua potenza nelle guarigioni. I miracoli che Egli opera sono innanzitutto segni del suo Regno, «segni» che Dio è con Lui: egli è il Messia inviato da Dio per la nostra salvezza.

Mi piace molto l’immagine di Gesù che si ritira in disparte a pregare: Lui è Dio, ma hai deciso di assumere completamente la nostra natura umana e in quanto uomo sente la necessità, il desiderio di rivolgersi al Padre in preghiera. Mi chiedo: noi che ci professiamo cristiani, sentiamo ancora dentro di noi questo bisogno?

Ultimo aspetto Gesù al di là dei miracoli, non dimentica il vero obbiettivo della sua missione: l’annuncio del Regno di Dio. Spesso andiamo a cercare il fatto straordinario senza riuscire a stupirci dei tanti “miracoli” della nostra quotidianità.

CI STIAMO AVVICINANDO AL TEMPO DI QUARESIMA, CERCHERO’ DI PROPORRE ALCUNE INIZIATIVE PER POTERCI PREPARARE AL MEGLIO ALLA PASQUA!

 

 BUONA SETTIMANA!

Mercoledì, 4 febbraio 2009

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 4 febbraio 2009

 

Cari fratelli e sorelle,

la serie delle nostre catechesi sulla figura di san Paolo è arrivata alla sua conclusione: vogliamo parlare oggi del termine della sua vita terrena. L’antica tradizione cristiana testimonia unanimemente che la morte di Paolo avvenne in conseguenza del martirio subito qui a Roma. Gli scritti del Nuovo Testamento non ci riportano il fatto. Gli Atti degli Apostoli terminano il loro racconto accennando alla condizione di prigionia dell’Apostolo, che poteva tuttavia accogliere tutti quelli che andavano da lui (cfr At 28,30-31). Solo nella seconda Lettera a Timoteo troviamo queste sue parole premonitrici: “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele” (2 Tm 4,6; cfr Fil 2,17). Si usano qui due immagini, quella cultuale del sacrificio, che aveva usato già nella Lettera ai Filippesi interpretando il martirio come parte del sacrificio di Cristo, e quella marinaresca del mollare gli ormeggi: due immagini che insieme alludono discretamente all’evento della morte e di una morte cruenta.

La prima testimonianza esplicita sulla fine di san Paolo ci viene dalla metà degli anni 90 del secolo I, quindi poco più di tre decenni dopo la sua morte effettiva. Si tratta precisamente della Lettera che la Chiesa di Roma, con il suo Vescovo Clemente I, scrisse alla Chiesa di Corinto. In quel testo epistolare si invita a tenere davanti agli occhi l’esempio degli Apostoli, e, subito dopo aver menzionato il martirio di Pietro, si legge così: “Per la gelosia e la discordia Paolo fu obbligato a mostrarci come si consegue il premio della pazienza. Arrestato sette volte, esiliato, lapidato, fu l’araldo di Cristo nell’Oriente e nell’Occidente, e per la sua fede si acquistò una gloria pura. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, e dopo essere giunto fino all’estremità dell’occidente, sostenne il martirio davanti ai governanti; così partì da questo mondo e raggiunse il luogo santo, divenuto con ciò il più grande modello di pazienza” (1 Clem 5,2). La pazienza di cui parla è espressione della sua comunione alla passione di Cristo, della generosità e costanza con la quale ha accettato un lungo cammino di sofferenza, così da poter dire: «Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo» (Gal. 6,17). Abbiamo sentito nel testo di san Clemente che Paolo sarebbe arrivato fino all’«estremità dell’occidente». Si discute se questo sia un accenno a un viaggio in Spagna che san Paolo avrebbe fatto. Non esiste certezza su questo, ma è vero che san Paolo nella sua Lettera ai Romani esprime la sua intenzione di andare in Spagna (cfr Rm 15,24).

Molto interessante invece è nella lettera di Clemente il succedersi dei due nomi di Pietro e di Paolo, anche se essi verranno invertiti nella testimonianza di Eusebio di Cesarea del secolo IV, che parlando dell’imperatore Nerone scriverà: “Durante il suo regno Paolo fu decapitato proprio a Roma e Pietro vi fu crocifisso. Il racconto è confermato dal nome di Pietro e di Paolo, che è ancor oggi conservato sui loro sepolcri in quella città” (Hist. eccl. 2,25,5). Eusebio poi continua riportando l’antecedente dichiarazione di un presbitero romano di nome Gaio, risalente agli inizi del secolo II: “Io ti posso mostrare i trofei degli apostoli: se andrai al Vaticano o sulla Via Ostiense, vi troverai i trofei dei fondatori della Chiesa” (ibid. 2,25,6-7). I “trofei” sono i monumenti sepolcrali, e si tratta delle stesse sepolture di Pietro e di Paolo, che ancora oggi noi veneriamo dopo due millenni negli stessi luoghi: sia qui in Vaticano per quanto riguarda san Pietro, sia nella Basilica di san Paolo Fuori le Mura sulla Via Ostiense per quanto riguarda l’Apostolo delle genti.

È interessante rilevare che i due grandi Apostoli sono menzionati insieme. Anche se nessuna fonte antica parla di un loro contemporaneo ministero a Roma, la successiva coscienza cristiana, sulla base del loro comune seppellimento nella capitale dell’impero, li assocerà anche come fondatori della Chiesa di Roma. Così infatti si legge in Ireneo di Lione, verso la fine del II secolo, a proposito della successione apostolica nelle varie Chiese: “Poiché sarebbe troppo lungo enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo” (Adv. haer. 3,3,2).

Lasciamo però da parte adesso la figura di Pietro e concentriamoci su quella di Paolo. Il suo martirio viene raccontato per la prima volta dagli Atti di Paolo, scritti verso la fine del II secolo. Essi riferiscono che Nerone lo condannò a morte per decapitazione, eseguita subito dopo (cfr 9,5). La data della morte varia già nelle fonti antiche, che la pongono tra la persecuzione scatenata da Nerone stesso dopo l’incendio di Roma nel luglio del 64 e l’ultimo anno del suo regno, cioè il 68 (cfr Gerolamo, De viris ill. 5,8). Il calcolo dipende molto dalla cronologia dell’arrivo di Paolo a Roma, una discussione nella quale non possiamo qui entrare. Tradizioni successive preciseranno due altri elementi. L’uno, il più leggendario, è che il martirio avvenne alle Acquae Salviae, sulla Via Laurentina, con un triplice rimbalzo della testa, ognuno dei quali causò l’uscita di un fiotto d’acqua, per cui il luogo fu detto fino ad oggi “Tre Fontane” (Atti di Pietro e Paolo dello Pseudo Marcello, del secolo V). L’altro, in consonanza con l’antica testimonianza, già menzionata, del presbitero Gaio, è che la sua sepoltura avvenne non solo “fuori della città… al secondo miglio sulla Via Ostiense”, ma più precisamente “nel podere di Lucina”, che era una matrona cristiana (Passione di Paolo dello Pseudo Abdia, del secolo VI). Qui, nel secolo IV, l’imperatore Costantino eresse una prima chiesa, poi grandemente ampliata tra secolo IV e V dagli imperatori Valentiniano II, Teodosio e Arcadio. Dopo l’incendio del 1800, fu qui eretta l’attuale basilica di San Paolo fuori le Mura.

In ogni caso, la figura di san Paolo grandeggia ben al di là della sua vita terrena e della sua morte; egli infatti ha lasciato una straordinaria eredità spirituale. Anch’egli, come vero discepolo di Gesù, divenne segno di contraddizione. Mentre tra i cosiddetti “ebioniti” – una corrente giudeo-cristiana – era considerato come apostata dalla legge mosaica, già nel libro degli Atti degli Apostoli appare una grande venerazione verso l’Apostolo Paolo. Vorrei prescindere ora dalla letteratura apocrifa, come gli Atti di Paolo e Tecla e un epistolario apocrifo tra l’Apostolo Paolo e il filosofo Seneca. Importante è constatare soprattutto che ben presto le Lettere di san Paolo entrano nella liturgia, dove la struttura profeta-apostolo-Vangelo è determinante per la forma della liturgia della Parola. Così, grazie a questa “presenza” nella liturgia della Chiesa, il pensiero dell’Apostolo diventa da subito nutrimento spirituale dei fedeli di tutti i tempi.

E’ ovvio che i Padri della Chiesa e poi tutti i teologi si sono nutriti delle Lettere di san Paolo e della sua spiritualità. Egli è così rimasto nei secoli, fino ad oggi, il vero maestro e apostolo delle genti. Il primo commento patristico, a noi pervenuto, su uno scritto del Nuovo Testamento è quello del grande teologo alessandrino Origene, che commenta la Lettera di Paolo ai Romani. Tale commento purtroppo è conservato solo in parte. San Giovanni Crisostomo, oltre a commentare le sue Lettere, ha scritto di lui sette Panegirici memorabili. Sant’Agostino dovrà a lui il passo decisivo della propria conversione, e a Paolo egli ritornerà durante tutta la sua vita. Da questo dialogo permanente con l’Apostolo deriva la sua grande teologia cattolica e anche per quella protestante di tutti i tempi. San Tommaso d’Aquino ci ha lasciato un bel commento alle Lettere paoline, che rappresenta il frutto più maturo dell’esegesi medioevale. Una vera svolta si verificò nel secolo XVI con la Riforma protestante. Il momento decisivo nella vita di Lutero fu il cosiddetto «Turmerlebnis», (1517) nel quale in un attimo egli trovò una nuova interpretazione della dottrina paolina della giustificazione. Una interpretazione che lo liberò dagli scrupoli e dalle ansie della sua vita precedente e gli diede una nuova, radicale fiducia nella bontà di Dio che perdona tutto senza condizione. Da quel momento Lutero identificò il legalismo giudeo-cristiano, condannato dall’Apostolo, con l’ordine di vita della Chiesa cattolica. E la Chiesa gli apparve quindi come espressione della schiavitù della legge alla quale oppose la libertà del Vangelo. Il Concilio di Trento, dal 1545 al 1563, interpretò in modo profondo la questione della giustificazione e trovò nella linea di tutta la tradizione cattolica la sintesi tra legge e Vangelo, in conformità col messaggio della Sacra Scrittura letta nella sua totalità e unità.

Il secolo XIX, raccogliendo l’eredità migliore dell’Illuminismo, conobbe una nuova reviviscenza del paolinismo adesso soprattutto sul piano del lavoro scientifico sviluppato dall’interpretazione storico-critica della Sacra Scrittura. Prescindiamo qui dal fatto che anche in quel secolo, come poi nel secolo ventesimo, emerse una vera e propria denigrazione di san Paolo. Penso soprattutto a Nietsche che derideva la teologia dell’umiltà di san Paolo, opponendo ad essa la sua teologia dell’uomo forte e potente. Però prescindiamo da questo e vediamo la corrente essenziale della nuova interpretazione scientifica della Sacra Scrittura e del nuovo paolinismo di tale secolo. Qui è stato sottolineato soprattutto come centrale nel pensiero paolino il concetto di libertà: in esso è stato visto il cuore del pensiero paolino, come del resto aveva già intuito Lutero. Ora però il concetto di libertà veniva reinterpretato nel contesto del liberalismo moderno. E poi è sottolineata fortemente la differenziazione tra l’annuncio di san Paolo e l’annuncio di Gesù. E san Paolo appare quasi come un nuovo fondatore del cristianesimo. Vero è che in san Paolo la centralità del Regno di Dio, determinante per l’annuncio di Gesù, viene trasformata nella centralità della cristologia, il cui punto determinante è il mistero pasquale. E dal mistero pasquale risultano i Sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia, come presenza permanente di questo mistero, dal quale cresce il Corpo di Cristo, si costruisce la Chiesa. Ma direi, senza entrare adesso in dettagli, che proprio nella nuova centralità della cristologia e del mistero pasquale si realizza il Regno di Dio, diventa concreto, presente, operante l’annuncio autentico di Gesù. Abbiamo visto nelle catechesi precedenti che proprio questa novità paolina è la fedeltà più profonda all’annuncio di Gesù. Nel progresso dell’esegesi, soprattutto negli ultimi duecento anni, crescono anche le convergenze tra esegesi cattolica ed esegesi protestante realizzando così un notevole consenso proprio nel punto che fu all’origine del massimo dissenso storico. Quindi una grande speranza per la causa dell’ecumenismo, così centrale per il Concilio Vaticano II.

Brevemente vorrei alla fine ancora accennare ai vari movimenti religiosi, sorti in età moderna all’interno della Chiesa cattolica, che si rifanno al nome di san Paolo. Così è avvenuto nel secolo XVI con la “Congregazione di san Paolo” detta dei Barnabiti, nel secolo XIX con i “Missionari di san Paolo” o Paulisti, e nel secolo XX con la poliedrica “Famiglia Paolina” fondata dal Beato Giacomo Alberione, per non dire dell’Istituto Secolare della “Compagnia di san Paolo”. In buona sostanza, resta luminosa davanti a noi la figura di un apostolo e di un pensatore cristiano estremamente fecondo e profondo, dal cui accostamento ciascuno può trarre giovamento. In uno dei suoi panegirici, San Giovanni Crisostomo instaurò un originale paragone tra Paolo e Noè, esprimendosi così: Paolo “non mise insieme delle assi per fabbricare un’arca; piuttosto, invece di unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l’intera ecumene che era sul punto di perire” (Paneg. 1,5). Proprio questo può ancora e sempre fare l’apostolo Paolo. Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa.

Saluti:

Chers frères et soeurs,
Je suis heureux de vous accueillir, chers pèlerins francophones. Je salue particulièrement le groupe des Ukrainiens de Belgique, les séminaristes de Liège, Tournai et Malines-Bruxelles, ainsi que les responsables et les lecteurs de la Documentation catholique venus à Rome célébrer le quatre-vingt dixième anniversaire de la revue. Que l’exemple de saint Paul soit pour vous tous un stimulant pour votre amour de l’Église et pour votre fidélité envers son enseignement. Que Dieu vous bénisse!

Dear Brothers and Sisters,
I am pleased to greet the English-speaking visitors present at today’s audience. I particularly welcome students from the Bossey Graduate School of Ecumenical Studies in Geneva, as well as pilgrims from Hong Kong and the United States of America. God bless you all!

Liebe Brüder und Schwestern!
Von Herzen grüße ich die Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Der Apostel Paulus macht uns, wie gesagt, deutlich, daß Gott es ist, der in uns das Wollen und das Wirken vollbringt, über unseren so armseligen guten Willen hinaus (vgl. Phil 2, 13). Vertrauen wir uns also Gottes Gnade an, der uns zum Frieden hilft und der uns schenkt, über die Gemeinschaft der Christen hinaus in die Welt hinein als Träger von Friede und Versöhnung zu wirken. Der Herr schenke euch allen dazu seine Gnaden.

Queridos hermanos y hermanas:
Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias de San Marcos y San Rafael, de Jerez de la Frontera, y de San Francisco de Asís, de San Fernando. Que la figura siempre luminosa de San Pablo nos ayude también a nosotros a renovar nuestra vida cristiana. Muchas gracias.

Saluto in lingua croata:

Srdačnu dobrodošlicu upućujem dragim hrvatskim hodočasnicima, a posebno vjernicima iz župe Svetoga Ilije iz Kiseljaka. Baština i apostolski primjer svetoga Pavla neka budu temelj i poticaj vašega kršćanskog svjedočenja i življenja. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini croati, particolarmente ai fedeli della parrocchia di San Elia di Kiseljak. L’eredità e l’esempio apostolico di San Paolo siano il fondamento e lo stimolo della vostra vita e testimonianza cristiana. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Witam serdecznie pielgrzymów polskich. Wyrażam radość, że w Roku Świętego Pawła tak chętnie przybywacie do Rzymu, by poznać miejsca uświęcone jego obecnością, nauczaniem i męczeńską śmiercią. Niech to pielgrzymowanie pogłębi waszą wiarę i sprawi, by tak, jak dla świętego Pawła, tak i dla was, Chrystus stał się wszystkim w życiu. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi. Mi rallegra il fatto che nell’Anno dedicato a San Paolo giungiate così volentieri a Roma per conoscere i luoghi santificati dalla sua presenza, dalla sua predicazione e dal suo martirio. Che questo pellegrinaggio approfondisca la vostra fede e faccia sì che come per San Paolo, così anche per voi, Cristo diventi la totalità della vostra vita. Sia lodato Gesù Cristo.

* * *

Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Seminaristi della diocesi di La Spezia-Sarzana-Brugnato, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Francesco Moraglia, e quelli del Seminario Interdiocesano della Basilicata. Cari amici, vi esorto a fondare la vostra vita sulla salda roccia della Parola di Dio, per esserne coraggiosi annunciatori agli uomini del nostro tempo. Saluto le Missionarie Catechiste del Sacro Cuore, che celebrano il centenario di fondazione del loro Istituto, ed assicuro un ricordo speciale nella preghiera perché possano rispondere con generosità alla chiamata del Signore.

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli. Ricorre in questi giorni la memoria liturgica di alcuni martiri, san Biagio, sant’Agata e san Paolo Miki e compagni giapponesi. Il coraggio di questi intrepidi testimoni di Cristo aiuti voi, cari giovani, ad aprire il cuore all’eroismo della santità; sostenga voi, cari malati, ad offrire il dono prezioso della preghiera e della sofferenza per la Chiesa; e dia a voi, cari sposi novelli, la forza di improntare le vostre famiglie ai perenni valori cristiani.

APPELLO PER LO SRI LANKA

Continua a destare preoccupazione la situazione nello Sri Lanka.

Le notizie dell’incrudelirsi del conflitto e del crescente numero di vittime innocenti mi inducono a rivolgere un pressante appello ai combattenti affinché rispettino il diritto umanitario e la libertà di movimento della popolazione, facciano il possibile per garantire l’assistenza ai feriti e la sicurezza dei civili e consentano il soddisfacimento delle loro urgenti necessità alimentari e mediche.

La Vergine Santa di Madhu, molto venerata dai cattolici e anche dagli appartenenti ad altre religioni, affretti il giorno della pace e della riconciliazione in quel caro Paese