Questa nuova sezione dedicata a Giovanni Paolo II ha l’obiettivo di accompagnarci al 1° maggio, giorno della sua Beatificazione! Ogni settimana(Martedì alle ore 10), verrà inserito un nuovo post che ci aiuterà a prepararci a questo grande evento.
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La settimana scorsa abbiamo ricordato l’apertura del grande Giubileo del 2000. Oggi riviviamo il Giubileo dei Giovani, esperienza che rimarrà indelebile per tutti coloro che come me hanno avuto il privilegio di parteciparvi personalmente.
Ripropongo le bellissime parole a me molto care che riascolto spesso
DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA CERIMONIA DI ACCOGLIENZA
San Giovanni in Laterano, 15 agosto 2000
1. “O Roma felix!” – “O Roma felice!”.
Con questa esclamazione, lungo i secoli, schiere innumerevoli di pellegrini, prima di voi, carissimi giovani e ragazze convenuti per la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, si sono mosse verso la città di Roma per inginocchiarsi sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo.
“O Roma felice!”. Felice perché consacrata dalla testimonianza e dal sangue degli Apostoli Pietro e Paolo che ancora oggi, come due “ulivi verdeggianti” e due “lampade accese”, ci indicano, insieme a tutti gli altri Santi e Martiri, Colui che siamo qui per celebrare: il Verbo che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14), Gesù Cristo, il Figlio di Dio, attestazione viva dell’amore eterno del Padre per noi.
“O Roma felice!”. Felice perché anche oggi questa testimonianza, che tu conservi, è viva ed è offerta al mondo, in particolare è offerta al mondo delle giovani generazioni!
2. Vi saluto tutti con affetto, giovani e ragazze, appartenenti alla Diocesi di Roma e alle Chiese che sono in Italia. Saluto il Cardinale Camillo Ruini, Vicario di Roma e Presidente della Conferenza dei Vescovi italiani, e gli sono grato per le parole che mi ha rivolto. Ringrazio pure i due giovani romani che – a nome di voi tutti – mi hanno salutato.
Sono lieto di vedervi così numerosi e mi congratulo con quanti tra voi hanno collaborato per far sì che ragazzi e ragazze anche di altri Paesi potessero partecipare a questo eccezionale incontro. So quanto vi siete dati da fare per preparare questo momento di “scambio di felicità”. In questa Città, che custodisce le tombe e le memorie di coloro che hanno testimoniato il Salvatore del mondo, possa, in questi giorni, ogni giovane incontrare Gesù, Colui che conosce il segreto della vera felicità, e l’ha promessa ai suoi amici con queste parole: “Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia con voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).
Carissimi, in questo momento così atteso e significativo mi viene spontaneo tornare con la memoria al primo incontro mondiale della gioventù, che ebbe luogo proprio qui, davanti alla Cattedrale di Roma. Da qui partiamo anche oggi per vivere una nuova esperienza a livello mondiale: è l’incontro di inizio di un nuovo secolo e di un nuovo millennio. L’augurio è che esso consenta al cuore di voi tutti di incontrare Cristo vivente in eterno.
3. Giovani e ragazze romani, figli della Chiesa che ha per Vescovo il Successore di Pietro e che, come scrisse sant’Ignazio di Antiochia, è chiamata a “presiedere nella carità” (Ad Romanos, Introd.), sentitevi impegnati anche in questi giorni ad accogliere gli altri giovani convenuti qui da tutte le regioni del mondo. Stringete con loro una cordiale amicizia. Rendete gioiosa la loro permanenza a Roma, facendo a gara nello spirito di servizio, nell’accoglienza amichevole, secondo lo stile degli amici di Gesù – Lazzaro, Marta e Maria – che spesso lo ospitavano nella loro casa. Insieme con i giovani delle dodici Diocesi confinanti con Roma, aprite le porte delle vostre case ai pellegrini di questa Giornata Mondiale della Gioventù, diventando città ospitale, casa amica, perché anche qui, oggi, si realizzi un incontro tra amici: tra noi tutti ed il grande Amico, Gesù!
4. Vivete intensamente, cari giovani pellegrini del terzo millennio, questa Giornata Mondiale. Attraverso il contatto con tanti coetanei che come voi vogliono seguire Cristo, fate tesoro delle parole che vi verranno rivolte dai Vescovi, accogliendo la voce del Signore per rinvigorire la vostra fede e testimoniarla senza paura, sapendo di essere eredi di un grande passato.
Nell’aprire il vostro Giubileo, carissimi giovani e ragazze, desidero ripetere le parole con le quali ho iniziato il mio ministero di Vescovo di Roma e di Pastore della Chiesa universale; vorrei che esse guidassero i vostri giorni romani: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Aprite i vostri cuori, le vostre vite, i vostri dubbi, le vostre difficoltà, le vostre gioie e i vostri affetti alla sua forza salvifica e lasciate che Egli entri nei vostri cuori. “Non abbiate paura! Cristo sa cosa c’è dentro l’uomo. Solo Lui lo sa!”. Lo dicevo il 22 ottobre 1978. Lo ripeto con la stessa forza oggi, vedendo risplendere nei vostri occhi la speranza della Chiesa e del mondo. Sì, lasciate che Cristo regni sulle vostre giovani esistenze, servitelo con amore. Servire Cristo è libertà!
5. Apriamo queste giornate sotto lo sguardo di Maria Santissima, che oggi contempliamo Assunta in Cielo: l’esempio della giovane Vergine di Nazareth vi aiuti a dire “sì” al Signore che bussa alla vostra porta e desidera entrare e prendere dimora in voi. Mentre in questi giorni vi offrite vicendevolmente accoglienza, sentite la sua materna vicinanza, lasciatevi disporre da Lei ad accogliere Cristo, Colui che già l’Antico Testamento presenta come “Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9, 5)!
Ed ora, carissimi giovani romani ed italiani, vi chiedo di trasferirvi idealmente con me alla Tomba dell’Apostolo Pietro, dove vado a dare il benvenuto, anche a nome vostro, a quanti sono arrivati a Roma da ogni parte del mondo per celebrare e vivere il Giubileo dei giovani.
Su di voi e su tutti invoco la benedizione del Signore!
VEGLIA DI PREGHIERA PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
Tor Vergata, sabato 19 agosto 2000
1. “Voi chi dite che io sia?” (Mt 16, 15).
Carissimi giovani e ragazze, con grande gioia mi incontro nuovamente con voi in occasione di questa Veglia di preghiera, durante la quale vogliamo metterci insieme in ascolto di Cristo, che sentiamo presente tra noi. E’ Lui che ci parla.
“Voi chi dite che io sia?”. Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli, nei pressi di Cesarea di Filippo. Risponde Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). A sua volta il Maestro gli rivolge le sorprendenti parole: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16, 17).
Qual è il significato di questo dialogo? Perché Gesù vuole sentire ciò che gli uomini pensano di Lui? Perché vuol sapere che cosa pensano di Lui i suoi discepoli?
Gesù vuole che i discepoli si rendano conto di ciò che è nascosto nelle loro menti e nei loro cuori e che esprimano la loro convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, egli sa che il giudizio che manifesteranno non sarà soltanto loro, perché vi si rivelerà ciò che Dio ha versato nei loro cuori con la grazia della fede.
Questo evento1o nei pressi di Cesarea di Filippo ci introduce in un certo senso nel “laboratorio della fede”. Vi si svela il mistero dell’inizio e della maturazione della fede. Prima c’è la grazia della rivelazione: un intimo, un inesprimibile concedersi di Dio all’uomo. Segue poi la chiamata a dare una risposta. Infine, c’è la risposta dell’uomo, una risposta che d’ora in poi dovrà dare senso e forma a tutta la sua vita.
Ecco che cosa è la fede! E’ la risposta dell’uomo ragionevole e libero alla parola del Dio vivente. Le domande che Cristo pone, le risposte che vengono date dagli Apostoli, e infine da Simon Pietro, costituiscono quasi una verifica della maturità della fede di coloro che sono più vicini a Cristo.
2. Il colloquio presso Cesarea di Filippo ebbe luogo nel periodo prepasquale, cioè prima della passione e della resurrezione di Cristo. Bisognerebbe richiamare ancora un altro evento, durante il quale Cristo, ormai risorto, verificò la maturità della fede dei suoi Apostoli. Si tratta dell’incontro con Tommaso apostolo. Era l’unico assente quando, dopo la resurrezione, Cristo venne per la prima volta nel Cenacolo. Quando gli altri discepoli gli dissero di aver visto il Signore, egli non volle credere. Diceva: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò” (Gv 20, 25). Dopo otto giorni i discepoli si trovarono nuovamente radunati e Tommaso era con loro. Venne Gesù attraverso la porta chiusa, salutò gli Apostoli con le parole: “Pace a voi!” (Gv 20, 26) e subito dopo si rivolse a Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” (Gv 20, 27). E allora Tommaso rispose: “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20, 28).
Anche il Cenacolo di Gerusalemme fu per gli Apostoli una sorta di “laboratorio della fede”. Tuttavia quanto lì avvenne con Tommaso va, in un certo senso, oltre quello che successe nei pressi di Cesarea di Filippo. Nel Cenacolo ci troviamo di fronte ad una dialettica della fede e dell’incredulità più radicale e, allo stesso tempo, di fronte ad una ancor più profonda confessione della verità su Cristo. Non era davvero facile credere che fosse nuovamente vivo Colui che avevano deposto nel sepolcro tre giorni prima.
Il Maestro divino aveva più volte preannunciato che sarebbe risuscitato dai morti e più volte aveva dato le prove di essere il Signore della vita. E tuttavia l’esperienza della sua morte era stata così forte, che tutti avevano bisogno di un incontro diretto con Lui, per credere nella sua resurrezione: gli Apostoli nel Cenacolo, i discepoli sulla via per Emmaus, le pie donne accanto al sepolcro… Ne aveva bisogno anche Tommaso. Ma quando la sua incredulità si incontrò con l’esperienza diretta della presenza di Cristo, l’Apostolo dubbioso pronunciò quelle parole in cui si esprime il nucleo più intimo della fede: Se è così, se Tu davvero sei vivo pur essendo stato ucciso, vuol dire che sei “il mio Signore e il mio Dio”.
Con la vicenda di Tommaso, il “laboratorio della fede” si è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell’uomo si sono completate nell’incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell’incontro divenne l’inizio di una nuova relazione tra l’uomo e Cristo, una relazione in cui l’uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell’umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. Un giorno san Paolo scriverà: “Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10, 8-9).
3. Nelle Letture dell’odierna Liturgia troviamo descritti gli elementi di cui si compone quel “laboratorio della fede”, dal quale gli Apostoli uscirono come uomini pienamente consapevoli della verità che Dio aveva rivelato in Gesù Cristo, verità che avrebbe modellato la loro vita personale e quella della Chiesa nel corso della storia. L’odierno incontro romano, carissimi giovani, è anch’esso una sorta di “laboratorio della fede” per voi, discepoli di oggi, per i confessori di Cristo alla soglia del terzo millennio.
Ognuno di voi può ritrovare in se stesso la dialettica di domande e risposte che abbiamo sopra rilevato. Ognuno può vagliare le proprie difficoltà a credere e sperimentare anche la tentazione dell’incredulità. Al tempo stesso, però, può anche sperimentare una graduale maturazione nella consapevolezza e nella convinzione della propria adesione di fede. Sempre, infatti, in questo mirabile laboratorio dello spirito umano, il laboratorio appunto della fede, s’incontrano tra loro Dio e l’uomo. Sempre il Cristo risorto entra nel cenacolo della nostra vita e permette a ciascuno di sperimentare la sua presenza e di confessare: Tu, o Cristo, sei “il mio Signore e il mio Dio”.
Cristo disse a Tommaso: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno” (Gv 20, 29). Ogni essere umano ha dentro di sé qualcosa dell’apostolo Tommaso. E’ tentato dall’incredulità e pone le domande di fondo: E’ vero che c’è Dio? E’ vero che il mondo è stato creato da Lui? E’ vero che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto? La risposta si impone insieme con l’esperienza che la persona fa della Sua presenza. Occorre aprire gli occhi e il cuore alla luce dello Spirito Santo. Allora parleranno a ciascuno le ferite aperte di Cristo risorto: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno”.
4. Carissimi amici, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino, per seguire “l’Agnello dovunque va” (Ap 14,4). Non per caso, carissimi giovani, ho voluto che durante l’Anno Santo fossero ricordati presso il Colosseo i testimoni della fede del ventesimo secolo.
Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell’attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro.
Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell’interesse personale o di gruppo.
Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell’uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.
5. Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! E’ difficile. Non è il caso di nasconderlo. E’ difficile, ma con l’aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: “Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt 16,17).
Questa sera vi consegnerò il Vangelo. E’ il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l’ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui!
In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E’ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.
Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!
6. Cari amici, vedo in voi le “sentinelle del mattino” (cfr Is 21,11-12) in quest’alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.
Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell’umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.
Maria Santissima, la Vergine che ha detto «sì» a Dio durante tutta la sua vita, i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e le Sante che hanno segnato attraverso i secoli il cammino della Chiesa, vi conservino sempre in questo santo proposito!
A tutti ed a ciascuno offro con affetto la mia Benedizione.
Alla fine del suo discorso ai giovani, Giovanni Paolo II ha così proseguito:
Voglio concludere questo mio discorso, questo mio messaggio, dicendovi che ho aspettato tanto di potervi incontrare, vedere, prima nella notte e poi nel giorno. Vi ringrazio per questo dialogo, scandito con grida ed applausi. Grazie per questo dialogo. In virtù della vostra iniziativa, della vostra intelligenza, non è stato un monologo, è stato un vero dialogo.
Al termine della celebrazione il Papa ha salutato i giovani con queste parole:
C’è un proverbio polacco che dice: “Kto z kim przestaje, takim si? staje”. Vuol dire: se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito. E saluto ancora una volta tutti voi, specialmente quelli che sono più indietro, in ombra, e non vedono niente. Ma se non hanno potuto vedere, certamente hanno potuto sentire questo “chiasso”. Questo “chiasso” ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!
SANTA MESSA DI CHIUSURA DELLA
XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
Tor Vergata, domenica 20 agosto 2000
1. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68).
Carissimi giovani e ragazze della quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù! Queste parole di Pietro, nel dialogo con Cristo alla fine del discorso sul “pane di vita”, ci toccano personalmente. In questi giorni abbiamo meditato sull’affermazione di Giovanni: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). L’evangelista ci ha riportato al grande mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, il Figlio a noi donato attraverso Maria “quando venne la pienezza del tempo” (Gal 4,4).
Nel suo nome vi saluto ancora tutti con grande affetto. Saluto e ringrazio il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario Generale per la Diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per le parole che ha voluto rivolgermi all’inizio di questa Santa Messa; saluto pure il Cardinale James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e i tanti Cardinali, Vescovi e sacerdoti qui convenuti; saluto, altresì, con grata deferenza il Signor Presidente della Repubblica e il Capo del Governo italiano, come pure tutte le altre Autorità civili e religiose che ci onorano della loro presenza.
2. Siamo giunti al culmine della Giornata Mondiale della Gioventù. Ieri sera, carissimi giovani, abbiamo confermato la nostra fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che il Padre ha mandato, come ha ricordato la prima lettura di oggi, “a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri… a consolare tutti gli afflitti” (Is 61,1-3).
Con l’odierna Celebrazione eucaristica Gesù ci introduce nella conoscenza di un particolare aspetto del suo mistero. Abbiamo ascoltato nel Vangelo un brano del discorso da Lui tenuto nella sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. In esso Egli si rivela come il vero pane delle vita, il pane disceso dal cielo per dare la vita al mondo (cfr Gv 6,51). E’ un discorso che gli ascoltatori non comprendono. La prospettiva in cui si muovono è troppo materiale per poter raccogliere il vero intendimento di Cristo. Essi ragionano nell’ottica della carne, che “non giova a nulla” (Gv 6, 63). Gesù invece apre il discorso sugli orizzonti sconfinati dello spirito: “Le parole che vi ho detto – Egli insiste – sono spirito e vita” (ibid.).
Ma l’uditorio è refrattario: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?” (Gv 6, 60). Si ritengono persone di buon senso, con i piedi sulla terra. Per questo scuotono il capo e, brontolando, se ne vanno uno dopo l’altro. La folla iniziale si riduce progressivamente. Alla fine resta solo lo sparuto gruppetto dei discepoli più fedeli. Ma sul “pane della vita” Gesù non è disposto a transigere. E’ pronto piuttosto ad affrontare il distacco anche dei più intimi: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6, 67).
3. “Forse anche voi?”. La domanda di Cristo scavalca i secoli e giunge fino a noi, ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Quale è la nostra risposta? Cari giovani, se siamo qui oggi, è perché ci riconosciamo nell’affermazione dell’apostolo Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
Di parole intorno a voi ne risuonano tante, ma Cristo soltanto ha parole che resistono all’usura del tempo e restano per l’eternità. La stagione che state vivendo vi impone alcune scelte decisive: la specializzazione nello studio, l’orientamento nel lavoro, lo stesso impegno da assumere nella società e nella Chiesa. E’ importante rendersi conto che, tra le tante domande affioranti al vostro spirito, quelle decisive non riguardano il “che cosa”. La domanda di fondo è ” chi”: verso “chi” andare, “chi” seguire, “a chi” affidare la propria vita.
Voi pensate alla vostra scelta affettiva, e immagino che siate d’accordo: ciò che veramente conta nella vita è la persona con la quale si decide di condividerla. Attenti, però! Ogni persona umana è inevitabilmente limitata: anche nel matrimonio più riuscito, non si può non mettere in conto una certa misura di delusione. Ebbene, cari amici: non c’è in questo la conferma di quanto abbiamo ascoltato dall’apostolo Pietro? Ogni essere umano, prima o poi, si ritrova ad esclamare con lui: “Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Solo Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio e di Maria, il Verbo eterno del Padre nato duemila anni orsono a Betlemme di Giudea, è in grado di soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore umano.
Nella domanda di Pietro: “Da chi andremo?” c’è già la risposta circa il cammino da percorrere. E’ il cammino che porta a Cristo. E il Maestro divino è raggiungibile personalmente: è infatti presente sull’altare nella realtà del suo corpo e del suo sangue. Nel sacrificio eucaristico noi possiamo entrare in contatto, in modo misterioso ma reale, con la sua persona, attingendo alla sorgente inesauribile della sua vita di Risorto.
4. Questa è la stupenda verità, carissimi amici: il Verbo, che si è fatto carne duemila anni fa, è presente oggi nell’Eucaristia. Per questo l’anno del Grande Giubileo, in cui stiamo celebrando il mistero dell’Incarnazione, non poteva non essere anche un anno “intensamente eucaristico” (cfr Tertio millennio adveniente, 55).
L’Eucaristia è il sacramento della presenza di Cristo che si dona a noi perché ci ama. Egli ama ciascuno di noi in maniera personale ed unica nella vita concreta di ogni giorno: nella famiglia, tra gli amici, nello studio e nel lavoro, nel riposo e nello svago. Ci ama quando riempie di freschezza le giornate della nostra esistenza e anche quando, nell’ora del dolore, permette che la prova si abbatta su di noi: anche attraverso le prove più dure, infatti, Egli ci fa sentire la sua voce.
Sì, cari amici, Cristo ci ama e ci ama sempre! Ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue attese nei nostri confronti. Egli non ci chiude mai le braccia della sua misericordia. Come non essere grati a questo Dio che ci ha redenti spingendosi fino alla follia della Croce? A questo Dio che si è messo dalla nostra parte e vi è rimasto fino alla fine?
5. Celebrare l’Eucaristia “mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue” significa accettare la logica della croce e del servizio. Significa cioè testimoniare la propria disponibilità a sacrificarsi per gli altri, come ha fatto Lui.
Di questa testimonianza ha estremo bisogno la nostra società, ne hanno bisogno più che mai i giovani, spesso tentati dai miraggi di una vita facile e comoda, dalla droga e dall’edonismo, per trovarsi poi nelle spire della disperazione, del non senso, della violenza. E’ urgente cambiare strada nella direzione di Cristo, che è anche la direzione della giustizia, della solidarietà, dell’impegno per una società ed un futuro degni dell’uomo.
Questa è la nostra Eucaristia, questa è la risposta che Cristo attende da noi, da voi, giovani, a conclusione di questo vostro Giubileo. Gesù non ama le mezze misure, e non esita ad incalzarci con la domanda: “Volete andarvene anche voi?”. Con Pietro, davanti a Cristo, Pane di vita, anche noi, oggi, vogliamo ripetere: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!” (Gv 6,68).
6. Carissimi, ritornando alle vostre terre, mettete l’Eucaristia al centro della vostra vita personale e comunitaria: amatela, adoratela, celebratela, soprattutto la Domenica, giorno del Signore. Vivete l’Eucaristia testimoniando l’amore di Dio per gli uomini.
Affido a voi, carissimi amici, questo che è il più grande dono di Dio a noi, pellegrini sulle strade del tempo, ma recanti nel cuore la sete di eternità. Possa esservi sempre, in ogni comunità, un sacerdote che celebri l’Eucaristia! Chiedo per questo al Signore che fioriscano tra voi numerose e sante vocazioni al sacerdozio. La Chiesa ha bisogno di chi celebri anche oggi, con cuore puro, il sacrificio eucaristico. Il mondo ha bisogno di non essere privato della presenza dolce e liberatrice di Gesù vivo nell’Eucaristia!
Siate voi stessi ferventi testimoni della presenza di Cristo sui nostri altari. L’Eucaristia plasmi la vostra vita, la vita delle famiglie che formerete. Essa orienti tutte le vostre scelte di vita. L’Eucaristia, presenza viva e reale dell’amore trinitario di Dio, vi ispiri ideali di solidarietà e vi faccia vivere in comunione con i vostri fratelli sparsi in ogni angolo del pianeta.
Dalla partecipazione all’Eucaristia scaturisca, in particolare, una nuova fioritura di vocazioni alla vita religiosa, che assicuri la presenza nella Chiesa di forze fresche e generose per il grande compito della nuova evangelizzazione. Se qualcuno di voi, cari ragazzi e ragazze, avverte in sé la chiamata del Signore a donarsi totalmente a Lui per amarlo “con cuore indiviso” (cfr 1 Cor 7,34), non si lasci frenare dal dubbio o dalla paura. Dica con coraggio il proprio «sì» senza riserve, fidandosi di Lui che è fedele in ogni sua promessa. Non ha Egli forse assicurato, a chi ha lasciato tutto per Lui, il centuplo quaggiù e poi la vita eterna? (cfr Mc 10, 29-30).
7. Al termine di questa Giornata Mondiale, guardando a voi, ai vostri giovani volti, al vostro entusiasmo sincero, voglio esprimere, dal profondo del cuore, un grazie sentito a Dio per il dono della giovinezza, che per mezzo vostro permane nella Chiesa e nel mondo.
Grazie a Dio per il cammino delle Giornate Mondiali della Gioventù! Grazie a Dio per i tanti giovani che esse hanno coinvolto lungo questi sedici anni! Sono giovani che ora, divenuti adulti, continuano a vivere nella fede là dove risiedono e lavorano. Sono certo che anche voi, cari amici, sarete all’altezza di quanti vi hanno preceduto. Voi porterete l’annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Tornando a casa, non disperdetevi. Confermate ed approfondite la vostra adesione alla comunità cristiana a cui appartenete. Da Roma, dalla Città di Pietro e di Paolo, il Papa vi accompagna con affetto e, parafrasando un’espressione di Santa Caterina da Siena, vi dice: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!” (cfr Lett. 368).
Guardo con fiducia a questa nuova umanità che si prepara anche per mezzo vostro, guardo a questa Chiesa perennemente ringiovanita dallo Spirito di Cristo e che oggi si rallegra dei vostri propositi e del vostro impegno. Guardo verso il futuro e faccio mie le parole di un’antica preghiera, che canta insieme il dono di Gesù, dell’Eucaristia e della Chiesa:
“Ti rendiamo grazie, Padre nostro,
per la vita e la conoscenza
che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo.
A Te gloria nei secoli!
Come questo pane spezzato
era sparso qua e là sopra i colli
e raccolto divenne una sola cosa,
così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno
dai confini della terra …
Tu, Signore onnipotente,
hai creato l’universo,
a gloria del tuo nome;
hai dato agli uomini il cibo
e la bevanda a loro conforto,
affinché Ti rendano grazie;
ma a noi hai donato un cibo
e una bevanda spirituale
e la vita eterna per mezzo del tuo Figlio …
Gloria a Te, nei secoli!” (Didaché 9, 3-4; 10, 3-4).
Amen
GIUBILEO DEI GIOVANI
CHIUSURA DELLA XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
ANGELUS
Tor Vergata, 20 agosto 2000
Al termine di questa celebrazione eucaristica, il nostro pensiero va alla “Donna” di cui ci ha parlato san Paolo nella seconda Lettura della Messa (Gal 4,4), alla Vergine Maria, nella cui festa dell’Assunzione abbiamo dato inizio a questa quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Con la sua presenza premurosa e materna, Maria ha guidato queste giornate romane di intensa esperienza di fede. A Lei vogliamo dire tutta la nostra gratitudine per quel “sì” che ha dato inizio all'”avventura” della Redenzione.
Mentre chiedo alla Vergine Santa di vegliare sui giovani e le giovani del mondo, ringrazio cordialmente tutti voi che avete preso parte alla quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù. Tutti! Tutti! Non so quanti, ma tutti!
Saluto e ringrazio innanzitutto coloro che hanno organizzato questo evento: il Pontificio Consiglio per i Laici, guidato dal Cardinale James Francis Stafford; il Vicariato di Roma e la Conferenza Episcopale Italiana, con a capo il Cardinale Camillo Ruini; il Presidente ed i membri del Comitato Italiano per la quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, come pure le comunità parrocchiali di Roma e delle Diocesi limitrofe, le loro associazioni, movimenti e gruppi che da circa tre anni hanno pregato e lavorato con entusiasmo per preparare questo evento. A tutti chiedo di non lasciare disperdere quel ricco patrimonio di bene che il lavoro comune ha prodotto.
Un ringraziamento giunga anche alle pubbliche Autorità dello Stato e del Comune di Roma, che con grande impegno si sono prodigate per far sì che la complessa macchina organizzativa della Giornata Mondiale della Gioventù funzionasse al meglio. Ringrazio cordialmente tutta la città di Roma e l’intera Italia per la premurosa e generosa accoglienza dei giovani che qui sono convenuti. Grazie di cuore! E poi come non ringraziare questa Tor Vergata? Tor Vergata, grazie a te! Grazie per la tua ospitalità nei vari giorni, specialmente ieri e oggi.
Un saluto, infine, ai tanti Cardinali e Vescovi presenti, ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi, agli educatori e a voi, giovani del mondo, “mia gioia e mia corona” (Fil 4,1).
Prima di sciogliere questa grande e bella assemblea, desidero annunciare che il prossimo Incontro Mondiale dei Giovani avrà luogo a Toronto in Canada nell’estate del Duemiladue. Mentre fin d’ora invito i giovani del mondo ad incamminarsi verso quella meta, rivolgo uno speciale saluto alla Delegazione canadese, che ha voluto essere presente a questa celebrazione per raccogliere la consegna del futuro impegno. Su di loro e sull’incarico che oggi assumono invoco la protezione della Vergine Santissima.
Ancora una volta vorrei ringraziare il Signore nostro Dio per questa eccezionale e splendida assemblea, che ha superato tutte le nostre aspettative. Roma non soltanto è stata conquistata da voi, ora è diventata vostra, perché qui è Pietro! Voi siete il cuore giovane della Chiesa! Andate in tutto il mondo e portate la pace. Il Signore è risorto. Egli cammina con voi. Siate suoi testimoni tra i vostri coetanei al
Dopo l’Angelus
Dear young people, we must say good-bye until the next time. Your pilgrim journey in the footsteps of Jesus must continue wherever you go. Take with you Jesus=s words of life, and spread them everywhere! God be with you!
Chers jeunes de langue française, bon retour dans vos pays ! Soyez parmi vos frères et vos sSurs des témoins toujours plus audacieux de l’amour qui vous fait vivre ! Que Dieu vous bénisse!
Saludo ahora a los jóvenes de América Latina y España presentes en la Jornada Mundial de la Juventud. Al regresar a los lugares de origen contad a vuestros coetáneos la experiencia vivida y dadles un abrazo del Papa.
Liebe Jugendliche deutscher Sprache! Ihr seid in eurer Umgebung der lebendige Brief Christi, Jesu Visitenkarte. Der Herr braucht euch als Hoffnungsträger. Geht hinaus in eure Heimat! Ihr seid gesandt! Mit einem besonderen Segen.
Aos jovens de língua portuguesa e a quantos lhes servem de guia e apoio, digo: Muito obrigado pela vossa romagem, com a minha Bênção para o caminho da vida que vos espera. Sêde a tenda do divino Emanuel no meio da vossa gente e deixai entrar os famintos de Deus!
Pozdrawiam m»odych pielgrzymów z Polski i z innych krajów Ñwiata. Prosz“ Boga, aby to jubileuszowe spotkanie owocowa»o w waszym codziennym óyciu. Trwajcie w jednoÑci z Chrystusem i z braƒmi. ZanieÑcie waszym rówieÑnikom pokój i radoу tych dni.
[Traduzione: Saluto voi, giovani pellegrini provenienti dalla Polonia e dai diversi paesi del mondo. Prego Dio che questo giubilare incontro fruttifichi nella vostra vita quotidiana. Siate fermi nell’unione con Cristo e con i fratelli. Portate ai vostri coetanei la pace e la gioia di questi giorni.]
(in lingua russa)
Dorogije junoszy i diewuszki! òelaju wam szczastliwowo wozwraszczenija na rodinu. Sredi waszych swierstnikow bu‹te smielymi swidieteljami.
[Traduzione: Carissimi giovani, buon ritorno nei vostri Paesi. Siate in mezzo ai vostri coetanei testimoni coraggiosi del Vangelo! Dio vi benedica!]
(in lingua swahili)
Wapendwa, vijana wa Afrika, ichukueni furaha ya Kristu katika nchi zenu! Papa yuko pamoja nanyi katika sala.
[Traduzione: Cari giovani africani, portate la gioia di Cristo nei vostri Paesi! Vi accompagna la preghiera del Papa.]
(in lingua filippina)
Mahal kong kaibigan na Pilipino at mga taga Asia: Nawa’y, ma-isapuso ninyo, and kaligayahan na inyong naranasan sa mga araw na eto, at ipapahayag sa pamamagita ng inyong buhay, na si Kristo ay Tagapagligtas ng buong mundo.
[Traduzione: Cari amici delle Filippine e dell’Asia, conservate nel cuore la gioia di questi giorni e testimoniate con la vostra vita Cristo, salvezza del mondo!]
A tutti il mio saluto con affetto e con riconoscenza.
Sul cammino di ciascuno di noi invochiamo ora insieme la protezione della Madonna.
INNO DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
ROMA 2000
EMMANUEL
Dall’orizzonte una grande luce
viaggia nella storia
e lungo gli anni ha vinto il buio
facendosi Memoria,
e illuminando la nostra vita
chiaro ci rivela
che non si vive
se non si cerca
la Verità…
… l’Emmanuel
1. Da mille strade arriviamo a Roma
sui passi della fede,
sentiamo l’eco della Parola
che risuona ancora
da queste mura, da questo cielo
per il mondo intero:
è vivo oggi,
è l’Uomo Vero
Cristo tra noi.
Ritornello:
Siamo qui
sotto la stessa luce
sotto la sua croce
cantando ad una voce.
E’ l’Emmanuel
Emmanuel, Emmanuel.
E’ L’Emmanuel, Emmanuel.
2. Dalla città di chi ha versato
il sangue per amore
ed ha cambiato il vecchio mondo
vogliamo ripartire.
Seguendo Cristo, insieme a Pietro,
rinasce in noi la fede,
Parola viva
che ci rinnova
e cresce in noi.
Ritornello…
3. Un grande dono che Dio ci ha fatto
è Cristo, il suo Figlio,
e l’umanità è rinnovata,
è in Lui salvata.
E’ vero uomo, è vero Dio,
è il Pane della Vita,
che ad ogni uomo
ai suoi fratelli
ridonerà.
Ritornello…
4. La morte è uccisa, la vita ha vinto,
è Pasqua in tutto il mondo,
un vento soffia in ogni uomo
lo Spirito fecondo.
Che porta avanti nella storia
la Chiesa sua sposa,
sotto lo sguardo
di Maria,
comunità.
Ritornello…
5. Noi debitori del passato
di secoli di storia,
di vite date per amore,
di santi che han creduto,
di uomini che ad alta quota
insegnano a volare,
di chi la storia sa cambiare,
come Gesù.
Ritornello…
6. E’ giunta un’era di primavera,
è tempo di cambiare.
E’ oggi il giorno sempre nuovo
per ricominciare,
per dare svolte, parole nuove
e convertire il cuore,
per dire al mondo, ad ogni uomo:
Signore Gesù.
Ritornello…
(su di un tono)
E’ l’Emmanuel, Dio con noi
Cristo tra noi.
Sotto la sua croce
E’ l’Emmanuel, Emmanuel
Sotto la stessa croce
cantando ad una voce.
(su di un tono)
E’ l’Emmanuel, Dio con noi
Cristo tra noi.
Sotto la sua croce
E’ l’Emmanuel, Emmanuel
Sotto la stessa croce
cantando ad una voce.
This city which has poured out
its life-blood out of love
and has transformed the ancient world
will send us on our way,
by following Christ, together with Peter,
our faith is born again,
the living word
that makes us new
and grows in our hearts.
Ce don si grand que Dieu nous a fait
le Christ son Fils unique;
l’humanité renouvelée
par lui est sauvée.
Il est vrai homme, il est vrai Dieu,
il est le pain de vie
qui pour chaque homme
pour tous ses frères
se donne encore,
se donne encore.
Llegó una era de primavera
el tiempo de cambiar:
hoy es el día siempre nuevo
para recomenzar,
cambiar de ruta y con palabras nuevas
cambiar el corazón
para decir al mundo, a todo el mundo:
Cristo Jesús.
Y aquí
bajo la misma luz,
bajo su misma cruz,
cantamos a una voz.
R.
È l’Emmanuel, l’Emmanuel, l’Emmanuel..