DOMENICA 22 APRILE 2018
IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)
VANGELO
Gv 10,11-18
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Parola del Signore
Riflessione personale:
«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore».
Gesù Risorto spalanca il cuore di Tommaso e scioglie la sua durezza e il suo dolore; presente in mezzo ai suo apostoli, apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture, per capire la profondità del Mistero, per svelar loro che egli è l’unico Pastore, che sa dove condurci, che lo fa seriamente, che lo fa con passione. La sua morte non è stata un incidente di percorso, ma l’offerta della sua vita per le sue pecore.
Gli apostoli hanno vissuto con Gesù per tre lunghi anni. Solo dopo la resurrezione superano l’approccio superficiale che hanno avuto a Gesù e cominciano ad esplorare le profondità del Mistero. Come noi, cristiani di antica data, che necessitiamo della luce del Risorto per scoprire chi è veramente Gesù.
Chi conduce la tua vita, amico lettore?
Non credere alla favola dell’autonomia e dell’indipendenza: siamo impregnati di pregiudizi, distratti dalle attese di chi ci sta intorno, sedotti dal modello di vita che ci raggiunge attraverso i media. Sono molti i pastori della nostra vita: il temperamento, l’educazione, ciò che gli altri si aspettano da noi, i modelli sociali…
È normale, inevitabile che sia così: rendersene conto è il primo passo per scegliere e cambiare. Per scegliere quale pastore ci convenga seguire.
Gesù è caustico e ci offre un criterio di giudizio: gli altri pastori ci guidano per un loro tornaconto, sono mercenari. Lui, invece, offre la sua vita per amore delle sue pecore. Il sospetto è più che legittimo: chi mi chiede di adeguarmi agli standard della contemporaneità molto spesso mi vende le soluzioni, chi si aspetta da me delle cose lo fa più per sé che per me.
Gesù no, il suo interesse è il mio bene, il suo unico desiderio è che io possa pascolare in prati erbosi e dissetarmi a sorgenti d’acqua. Egli è morto per indicarmi la strada, ha donato la sua vita per la mia.
Non so voi, amici, io ho deciso da tempo e mai mi sono pentito di questa scelta: scelgo Gesù come mio pastore, il Vangelo come metro di giudizio, l’amore (concreto, possibile, autentico) come percorso per arrivare a Dio.
Gesù dice di essere l’unico pastore che mi ama, che mi conosce e mi valorizza. Gli altri padroni sono mercenari, mi amano per avere un tornaconto. Vero, molto vero: al mio datore di lavoro sto simpatico se produco, a volte anche i miei amici e i miei parenti mi amano a patto di comportarmi secondo ciò che essi si aspettano.
I nostri oratori e le nostre proposte saranno sempre perdenti rispetto alla squadra di calcio o la polisportiva di sci, se non per una cosa: ad un allenatore vai bene se diventi un campione. A me i ragazzi stanno a cuore anche se sono incapaci e inabili a fare qualunque cosa.
Dio ci ama gratis, quando lo capiremo?
Non ci ama perché siamo buoni ma, amandoci, ci rende buoni.
Il suo amore senza condizioni è vero e serio: Gesù sceglie di donare la sua vita, non vi è costretto, lo desidera e lo fa’, perché davvero mi ama…
Anche noi, fatti a sua immagine, siamo chiamati ad amare, a dire ai fratelli che non credono quale è il vero volto di Dio, ad allontanare i mercenari che ci considerano validi solo se produciamo o consumiamo. Vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio le parole di Gesù, riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto, insomma vivere da risorti, da salvati.
Non si tratta di salvare il mondo, il mondo è già salvo, è che non lo sa. Quello che possiamo fare è prendere sul serio questa pagine: siamo chiamati a creare delle zone franche, degli spazi di verità nelle nostre città isteriche in cui ognuno sia.
Nel realizzare questo grande sogno, aspettando che il Regno contagi ogni uomo e lo renda felice, aspettando il ritorno glorioso del Maestro, ognuno scopre di essere amato e di avere un progetto (grande) da realizzare. Che sia un premio Nobel o una colf poco importa, ognuno ha un destino da realizzare, una vocazione da vivere.
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Buona settimana a tutti!
Il Signore vi dia Pace!
Un abbraccio.
Luca