Chi canta prega due volte – 4) Spiritual

“Chi canta prega due volte”

“Chi canta prega due volte”, questa espressione è stata attribuita a sant’Agostino, ma il realtà lui non l’ha mai detta. Con questa frase si è voluto sintetizzare un suo pensiero: il vescovo di Ippona considerava fondamentale il canto nella preghiera.
L’essere umano per natura si interroga in continuazione su Dio e molti cantanti lo fanno attraverso la loro arte. In questa rubrica prenderemo in considerazione 5 brani cercando di trovare alcuni spunti che possano aiutarci a riflettere.

4) SPIRITUAL – Fabrizio De André

De André, il contestatore. Questo è il cliché che gli è stato cucito addosso.
Contestatore è stato sicuramente. Con il sarcasmo e l’ironia, oltre che con la dura protesta.
Ma è stato, per esempio, anche un grande poeta d’amore. Le sue canzoni più belle sono dedicate a questo eterno sentimento: Marinella, Via del Campo, Geordie… non sono poesie d’amore?
Eppure c’è un aspetto, a mio parere, che percorre tutta la sua produzione, da principio alla fine, che costituisce l’anima di questo grandissimo artista e senza il quale la sua personalità non può essere compresa: il sentimento religioso.
Il mistero di Dio lo ha sempre affascinato, fin dagli esordi della carriera; nel suo Volume I, del 1967, ci sono ben 3 canti dedicati a questo tema. E l’ultimo, Anime Salve (1996), si conclude con “Smisurata preghiera”, il suo testamento spirituale: “Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco; non dimenticare il loro volto”.
Tra questi, certamente, un posto speciale spetta a De André.
Il suo rapporto con la religione è stato spesso conflittuale; ma ha saputo riconoscere in Cristo “il più grande rivoluzionario della storia” (La buona Novella, 1970), e non ha avuto paura di affrontare nelle sue canzoni il tema della morte e dell’eternità.
Mi si dica, come controprova, quanti altri artisti di musica leggera hanno avuto il coraggio di affrontare questi argomenti.
De André non solo non si è vergognato di proporre questi temi, ma ne ha sentito agostinianamente l’inquietudine e l’ha cantata con lucida sincerità.
Davvero uno spirito aperto e libero, in direzione ostinata e contraria, nei confronti di coloro che sempre più egoisticamente si lasciano alle spalle gli interrogativi più veri e un’umanità sofferente e provata dalla vita.
Faber è stato un ricercatore dell’Assoluto, e lo ha invocato: “Dio del cielo, vienimi a salvare!”
Proprio questa invocazione troviamo nel canto “Spiritual” del 1967, tratto dal primo album registrato in studio.
Il canto riprende lo stile dei negro-spiritual (del tipo di “Pick a bale of cotton”).
Tra i campi di cotone, o in quelli di granturco, dovunque ci sia fatica e sfruttamento, Dio scenda dal cielo per dare una mano all’uomo.

 

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